Sistema sangue e maxi-emergenze: il convegno organizzato dal CNS

2 Febbraio 2017In istituzionali

Alle catastrofi degli ultimi tempi gli italiani hanno risposto con la solidarietà. Dopo l’incidente ferroviario di Andria, del luglio 2016, e il terremoto nel centro Italia, del 24 agosto dello stesso anno, le donazioni di sangue sono più che triplicate, nel giro di pochi giorni . Un risultato straordinario che, però, non permette di gestire lo stato di emergenza a lungo termine: il sangue raccolto non può essere conservato più di 42 giorni. È per cercare una strategia utile alla gestione degli eventi catastrofici che oggi si sono incontrati gli esperti del settore, in occasione del convegno “Sistema sangue e Maxi-Emergenze”. L’evento è stato organizzato dal Centro Nazionale Sangue di Roma.

Nuove strategie per la gestione delle emergenze
“L’obiettivo principale di questo convegno è quello di favorire, anche mediante lo scambio reciproco di informazioni sui modelli organizzativi, una interazione e tutte le possibili sinergie tra le istituzioni, i professionisti e le Società Scientifiche nonché il mondo del volontariato del sangue: questi attori sono coinvolti, a vario titolo, nella gestione delle maxiemergenze sanitarie – ha spiegato Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del Cns – Riteniamo anche strategico il contributo dei mass media nel fornire una informazione precisa ai cittadini anche quando si verificano questi eventi straordinari”.

Il Piano nazionale per il supporto trasfusionale nelle maxi-emergenze
Poco prima che si verificassero sia il disastro ferroviario che il sisma, più precisamente il 7 luglio del 2016, la Conferenza Stato-Regioni aveva approvato il “Piano strategico nazionale per il supporto trasfusionale nelle maxi-emergenze”. Tra le varie disposizioni previste dal Piano anche l’accantonamento di scorte di sangue da usare solo in caso di disastri. “Ci sono sicuramente degli aggiustamenti da fare al Piano – ha commentato Claudio Velati, presidente della Società Italiana di Medicina Trasfusionale (Sim) – da una parte bisognerebbe uscire dalla precarietà dell’afflusso spontaneo dei donatori con una maggiore programmazione, e dall’altra servirebbe una gestione delle scorte a livello regionale. In questo ruolo la società scientifica può affiancare le istituzioni come ‘mediatore culturale”.

I numeri delle donazioni dopo le catastrofi
Dopo il terremoto di Amatrice, che ha causato 388 feriti, sono state raccolte tra Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria oltre 10 mila unità di sangue, il triplo della norma. Quasi 4 mila, invece, a seguito dell’incidente tra i treni in Puglia. Un successo aiutato anche da una attiva campagna di comunicazione che ha informato gli italiani sulla impellente necessità di incrementare la raccolta di sangue. “Nei casi di maxiemergenza – ha detto Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale FIDAS – il compito delle Associazioni e Federazioni dei donatori di sangue è duplice: da una parte devono verificare che i propri organismi locali trasmettano informazioni corrette sugli effettivi bisogni, evitando chiamate indiscriminate e tenendo sotto controllo i gesti di altruismo, dall’altra devono elaborare un piano a lungo termine per educare i donatori e la cittadinanza alle situazioni di emergenza, ricordando che il modo migliore per sostenere le necessità trasfusionali è una donazione di sangue ed emocomponenti programmata, periodica e associata”.

Maxi-emergenze, ospedali italiani poco preparati
Il convegno è anche l’occasione per discutere di alcune criticità strutturali, come quelle di cui potrebbero soffrire le strutture ospedaliere. Francesco Della Corte, direttore del Crimedim, il Centro ricerche per le emergenze e la medicina dei disastri dell’Università del Piemonte Orientale, presenterà una ricerca sull’argomento. È stata valutata la preparazione di un campione di 15 strutture ospedaliere rappresentative su tutto il territorio nazionale. Partendo dai parametri dettati dall’Oms, dallo studio è emerso che solo 3 degli ospedali esaminati hanno raggiunto un punteggio considerato sufficiente. “I nostri dati non possono essere dimostrativi in senso assoluto della impreparazione del sistema ospedaliero alla maxiemergenza perché il campione è limitato – ha sottolineato Della Corte – anche se comprende diversi ospedali tra i più grandi in Italia”. Le carenze principali riscontrate riguardano la catena di comando e controllo, l’interazione tra gli stakeholders, e la formazione del personale. Ed è proprio intervenendo su quest’ultimo aspetto che, secondo gli esperti, è possibile limitare le carenze.“
Per questo – ha concluso Giovanna Esposito, presidente della Federazione Italiana medicina di Emergenza-Urgenza e delle Catastrofi (Fimeuc) – abbiamo pensato di organizzare dei corsi da fornire alle aziende per avere gli strumenti per costruire i loro piani di risposta, che stanno avendo un discreto successo.